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Tom Varner, Swimming (Omnitone)
Varner è suonatore di corno (strumento inconsueto nella musica
jazz) e in questo disco emerge quale solista formidabile in grado
altresì di gestire mirabilmente sia un progetto dalle sfumature
autobiografiche sia una band di sette valenti improvvisatori.
Verve Remixed,
Verve Remixed (Verve)
Per la prima volta nella storia della Verve, vengono aperti gli
archivi ai DJs produttori delle ultimi generazioni, che hanno così
libertà assoluta di 'saccheggiare' l'immenso catalogo di
un'etichetta che ha reso grande il jazz degli anni Cinquanta, Sessanta
e Novanta. Tuttavia Verve è sinonimo soprattutto del più
raffinato mainstream verso la metà dei Fifties, grazie ai
contratti in parallelo con le maggiori vocalists del momento: fianco
a fianco negli stessi anni addirittura Ella Fitgerald, Billie Holiday,
Sarah Vaughan, come pure Nina Simone, Shirley Horn, Dinah Washington.
E sono tutte queste le artiste che vengono fatte oggetto di remix
negli stili più eterogenei di questa vague elettronica, dunque
dalla techno al neolounge, dalla house al nu-jazz. I nomi risultano
alla moda o di richiamo per quelli che apprezzano un megagenere
che si serve del jazz spesso in maniera vampiresca, talvolta con
buoni risultati (ad esempio i tedeschi Jazzanova, il francese St
Germain). Il metodo è noto ed estensibile a ciascuno di essi:
un brano originale viene campione, se ne prende una o più
frasi e la si ripete ossessivamente con un tappeto ritmico martellante,
creando perlopiù una musica da ballo in discoteca. La Holiday
e la Simone sono le più frequentata con due brani a testa,
Don't Explain e Strange Fruit la prima, Feelin' Good e See Line
Woman la seconda. Con un brano tutti gli altri, compresa la bossanovista
Astrud Gilberto di Who Needs Forever? e per aprire e chiudere
l'album due brani quasi etnici, rispettivamente Spanish Grease di
Willie Bobo e Hare Krishna di Tony Scott. A remixare tra gli altri
Richard Dorfmeister, Thievery Coroporation, De-Phazz, Ufo, Tricky,
King Britt. Il risultato? forse non è jazz o forse sarà
quello del XXI secolo. E nei momenti in cui si sentono di più
gli originali è certo meglio di tanto sound discotecario
oggi in circolazione.
Vienna Art
Orchestra, All that Strauss (TCB)
La nota big band si produce nella Sofiensale della capitale austriaca,
dove i brani degli Strauss (padre e figli) furono eseguiti in anteprima;
e a questa dinastia musicale il gruppo diretto da Mathias Roegg
rende il solito omaggio dissacratorio, con un'esecuzione impeccabile,
anche per merito dei molti solisti free invitati (Portal, Berger,
Mayer, Puschnig).
David Visan, Buddha
Bar IV (George V Records)
David Visan, che pure è musicista e compositore, è
solo il curatore (réalitation et direction artistique in
copertina) di questo disco molto noto: ma in effetti si rivela l'autentico
cervello di quest'operazione come si sa legata all'omonimo bar 'orientale'
parigino, che usa, quale colonna sonora, una lounge molto raffinata,
che a sua volta è intrisa di jazz, di etnica, di bossa nova,
di world music. Ed il quarto volume (doppio) è appunto una
compilation dei migliori artisti di questo tipo in circolazione
da Nitin Sawhney a Celia Cruz, dai Gotan Project ai nostrani Agricantus
con altri ventiquattro più o meno noti.
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