TOLKIEN E IL ROCK: Un pioniere
dell'heavy metal?
A poche settimane dall’attesissima uscita nelle sale cinematografiche
del secondo episodio de “Il Signore degli anelli” girato da Peter
Jackson e in occasione dell'uscita del libro Mr. Fantasy di
Luca Crovi e Stefano Priarone (Passigli
Editore), dedicato alla figura del creatore della saga del signore
degli Anelli, pubblichiamo per gentile concessione degli autori il capitolo
del libro dedicato ai rapporti tra Tolkien e la musica.
La genesi dei nomi
Chi ha inventato l’heavy metal? Da decenni questa annosa questione
ha scervellato centinaia e centinaia di critici musicali e migliaia di fans
del “sacro metallo”. C’è chi sostiene che il primo
vero pezzo heavy della storia della musica sia Helter Skelter
dei Beatles, c’è chi azzarda la primogenitura
degli Iron Butterfly con il loro album Heavy
(al quale fece seguito l’ipnotico In A Gadda Da Vida),
c’è chi punta il dito su Some Velvet Morning dei
Vanilla Fudge, c’è chi preferisce pensare alle improvvisazioni
telluriche dei Cream o di Jimi Hendrix. Nessuno ha tuttavia mai nascosto che
i veri e propri maestri del genere sono stati per diversi motivi e con diverse
influenze i Led Zeppelin, i Black Sabbath, i Deep Purple, i Blue
Oyster Cult, i Grand Funk, Alice
Cooper che a loro volta dicevano di rifarsi però ai Kinks,
ai Beatles, a Jerry Lee Lewis, etc. Questa annosa ricerca di paternità
è stata in particolare rilanciata negli anni Ottanta dal successo riscosso
dalla New Wave Of British Metal che tanta influenza avrebbe avuto
sulle generazioni future con la nascita di band come gli Iron
Maiden, i Def Leppard, i Saxon ma fino ai giorni nostri nessuno
è riuscito a chiarire definitivamente l’enigma. Una cosa è
certa c’è uno scrittore che nel bene o nel male ha cresciuto
varie generazioni di metallari e rockettari, influenzandoli in diversa misura
(basti pensare che continuano a citarlo nelle loro interviste artisti come
Ronnie James Dio, Geoff Tate, Bruce
Dickinson, Blind Guardian, Robert Plant,
Ozzy Osbourne). Il suo nome l’avrete intuito è
J.R.R. Tolkien: il suo ruolo di “bardo” e narratore
di miti ha contagiato, in molteplici aspetti, intere generazioni di musicisti,
non solo autori di musica heavy o di musica progressive (che sono in assoluta
i due settori dove la sua influenza è stata più evidente), ma
anche jazzisti, compositori new age, appassionati hip-hoppers, folk-singers,
persino compositori sinfonici contemporanei e maestri d’orchestra di
musica classica. E va anche ricordato che questo plotone di artisti è
letteralmente sparso in giro per il pianeta: Italia, Gran Bretagna, Stati
Uniti, Danimarca, Austria, Svezia, Irlanda, Canada, Norvegia, Belgio, Olanda,
Francia, etc.
Alcuni artisti hanno attinto direttamente dalle opere di Tolkien i nomi dei
loro gruppi, altri hanno dedicato interi dischi alla sua narrativa, altri
hanno invece saccheggiato il suo immaginario per illustrare le loro copertine
(pensate solo alle decine e decine di band di power metal che
hanno immaginato epiche cover con draghi, maghi, cavalieri, orchi,
in paesaggi fatati o spettrali a seconda dei casi). Partiamo così dai
nomi, visto che proprio questi sono alla base della nascita di ogni realtà
come sosteneva lo stesso Tolkien: “l’invenzione della lingua è
il fondamento di tutto. I miei racconti sono stati tutti elaborati più
per fornire un mondo alla lingua che viceversa. Per me, prima viene un nome
e poi la vicenda”. E allora via con i nomi: Rivendell,
Arathorn, Minas Tirith, Minas Morgul,
Isengard, Gandalf, Moria,
Count Grishnack, Lugburz, Ancalagon,
Marillion (abbreviato dall’originario Silmarillion),
Morgoth, Rhün, Amon Amarth,
Gorgoroth, Fangorn, Lothlorien,
Mordor, Ephelm Duath, Morannon,
Dagorlad, Elbereth, Morgul,
Nazgul, Shagrath, Shadow Host,
Cirith Ungol, Cirith Gorgor, Evereve,
Khazad-düm, Nargothrond… e ci
interrompiamo qui nell’elenco per non annoiarvi troppo.
Sfogliando le opere di Tolkien ci si accorge che ogni piè sospinto
il professore universitario inserì nei suoi scritti vere e proprie
composizioni in forma di canzone, auspicando che prima o poi qualcuno le cantasse
(il nostro amava molto il folk tradizionale e spesso fin dall’infanzia
frequentò gli happening all’aperto dedicati alla musica
gaelica, celtica e irlandese, appassionandosi a nenie, melodie e traditional
popolari). Le sue composizioni che vengono di volta in volta intonate dagli
Ent, dagli Hobbit, dagli Elfi, dai Cavalieri di Rohan: sono chanson de geste
che ci raccontano il passato, il presente e il futuro della Terra di Mezzo,
arricchendola di un ritmo epico. E se i personaggi positivi descritti dallo
scrittore inglese hanno una naturale tendenza al canto è curioso e
particolarmente significativo che tutti i personaggi negativi e malvagi dell’universo
tolkieniano non mostrino una propensione per alcun tipo di lirica, ma anzi
tendano a zittire tutti coloro che li circondano. Morte e distruzione sono
infatti i suoni della malvagità o sarebbe meglio dire i rumori assordanti
del suo dominio.
Non solo Zeppelin…
“La Regina della Luce impugnò il suo arco e si mise in cammino/
il Principe della Pace abbracciò le tenebre e attraversò la
notte da solo/ oh danzate nel buio della notte/ il Signore Nero cavalca in
forza stanotte e il tempo ci racconterà tutto…”. Così
recita il testo di uno dei caposaldi dell’hard rock di tutti
i tempi: The Battle of Evermore dei Led
Zeppelin. Un pezzo che venne inserito nel quarto album della
band capitanata da Robert Plant e Jimmy Page,
quel quarto disco senza nome che portava scritte in calce strane rune alle
quali nel tempo si è voluto dare un significato talora mistico, talora
diabolico; un album che presentava al suo interno anche la splendida immagine
di un Grande Vecchio in cima a una montagna, appoggiato a un robusto bastone
e con in mano una lanterna accesa (una figura mitica nella quale molti hanno
voluto riconoscere il personaggio dello stregone bianco Galdalf).
Il disco in questione, Led Zeppelin IV (1971, Atlantic Records),
conteneva in sé qualcosa di magico, un’alchimia officiata da
spiriti particolarmente ispirati visti i risultati ottenuti da composizioni
come Rock and Roll, Black Dog e Stairway
To Heaven che sono a tutt’oggi degli standard assoluti e intramontabili
per gli amanti del rock. Un album immortale che oltre alla citata The
Battle of Evermore racchiudeva in sé un’altra gemma
tolkieniana: Misty Mountain Hop che così recitava
“sto facendo le valigie per le Montagne Nebbiose/ dove gli spiriti vanno
ora, sulla collina dove gli spiriti volano”, e ci raccontava la storia
di alcuni giovani che vengono maltrattati dalla polizia per il loro essere
hippie e che per sopravvivere alla noia e alla violenza quotidiana
si rifugiano proprio nell’universo del grande bardo inglese. La stessa
ballata Stairway To Heaven pare sia stata ispirata da alcuni
passi del nostro autore come sembra ricordarci una delle lunghe scene aggiunte
nell’edizione DVD di Almost Famous,
film di Cameron Crowe (vincitore di un Premio Oscar per la miglior sceneggiatura):
in questa pellicola gli insegnanti di giornalismo del giovane protagonista
(aspirante reporter musicale) cercano di convincere sua mamma (interpretata
da Frances McDormand) a mandarlo in tournée con gli Steel Dragon per
permettergli di realizzare un servizio per la prestigiosa rivista “Rolling
Stone”. Per riuscire nell’intento, le fanno ascoltare proprio
Stairway To Heaven sottolineando come il pezzo fosse stato
suggerito ai Led Zeppelin proprio dalla lettura di Tolkien.
Che il legame fra il gruppo inglese e la Terra di Mezzo sia stato costante
nel tempo ce lo confermano anche il fatto che il primo gruppo del cantante
Robert Plant si chiamasse Obs-Tweedlen e che in Led
Zeppelin II (1969, Atlantic Records), si poteva ascoltare un pezzo
come Ramble On che così recitava: “la mia libertà
la tengo cara/ quanti anni fa, nei tempi antichi/ quando la magia riempiva
l’aria/ ero nella profondità tenebrosa di Mordor/ incontrai una
ragazza così carina/ ma Gollum il malvagio arrivò strisciando/
e fuggì con lei…”.
L’ex componente dei Cream e navigato bassista inglese
Jack Bruce in Songs for a Tailor (Polygram)
confezionò dal canto suo nel lontano 1969 una profetica To
Isengard. Gli hard prog rockers inglesi Argent nel
1971 hanno inserito nel loro disco Ring of Hands una significativa
Lothlórien, e sempre nello stesso anno i sinfonici
Barclay James Harvest con lo pseudonimo significativo di
Bombadil dettero alle stampe per l’etichetta Emi un
album intitolato Once Again che conteneva fra le altre una
composizione dal titolo Galadriel. E che dire poi dei maestri
del southern rock Almann Brothers che si sono misurati
con un’ispiratissima Midnight Rider nel loro The
Road Goes On Forever del 1975 o dei Ten Years After autori
di una Hobbit inserita nel loro Recorded Live
del 1973 o magari dei Camel che produssero la suite Nimrodel/The
Procession/The White Rider inserita nel loro Mirage
del 1974?
Tolkieniani della prima ora sono stati i proggers inglesi
Marillion che hanno preso il loro nome dall’epico Silmarillion
e che produssero come b-side di un dei loro primi singoli un’incredibile
suite battezzata Grendel, durante l’esibizione live
della quale il cantante della band Fish era solito presentarsi
sul palco abbigliato con tanto di elmo celtico, omaggiando durante le sue
performances una delle opere che sono state maggiormente formative
per lo scrittore inglese.
Fra le curiosità amene non va trascurato il terrificante intervento
musicale di Leonard Nimoy (conosciuto ai più come
il vulcaniano Signor Spock della celebre serie televisiva
di Star Trek) che nel tempo ha aggiunto al suo ruolo di attore
anche quelli di regista e di compositore di colonne sonore e che agli inizi
della sua carriera nel lontano 1968 aveva composto un discutibile 45 giri
folk intitolato The Ballad of Bilbo Baggins. Ma il primo
premio come più assiduo interprete musicale della Terra di Mezzo va
comunque al compositore classico gallese Paul Corfield che
ha nel suo palmaresse la bellezza di ben 19 cd dedicati a J.R.R. Tolkien.
Nel campo femminile, invece, tanto per fare qualche nome, potremmo citare
la suadente voce di Sally Oldfield che abbiamo imparato a
ben conoscere nelle collaborazioni con il fratello Mike (quello
di Tubular Bells e di Crises, tanto per
intenderci) ma anche in progetti solistici come Water Bearer
(1978, Bronze Records) in cui appare una immaginifica Songs of the
Quendi: Nenya. E proseguiamo con la maestra irlandese del celtic
sound new age contemporaneo Enya che nel suo Shepherd
Moons (1991, Reprise Records) ci ha portato in atmosfere fatate con
Lothlórien e che recentemente è tornata a misurarsi
con Il Signore degli Anelli firmando
due pezzi per la colonna sonora del film di Peter Jackson (nel quale sono
state inserite la minisuite The Council of Elrond che contiene
anche il tema cantato di Aragorn e Arwan intitolato Aniron,
ma anche il pezzo May it Be). A guardarla bene Enya ci ricorda
da vicino Dama Galadriel e le sue composizioni hanno un pathos lirico che
è sicuramente molto vicino ai canti elfici tolkieniani. Se emozionalmente
i pezzi di Enya colpiscono nel segno per la loro atmosfera sognante, non meno
centrati sono le composizioni sinfoniche del film di Jackson affidate ad Howard
Shore che riesce a dare possenza ed epicità ad ogni sequenza
della pellicola (aiutato da uno staff di quasi duecento persone fra strumentisti
e cantanti, nei quali spicca anche Elizabeth Fraser, ex componente
dei Cocteau Twins).
Di questa singolare “Compagnia dell’Anello” musicale fa,
infine, parte una musicista d’eccezione, ovvero, la scrittrice Marion
Zimmer Bradley che, oltre ad essersi misurata con il mondo di Tolkien
in tutta la sua opera di narratrice fantasy, ha voluto omaggiarlo
anche nel disco The Starlit Jewel, in cui alcuni suoi testi
tratti da Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit vengono trasformati in lunghe
composizioni dove emergono in primo piano i suoni dell’arpa, del violino,
del violoncello. Pezzi eseguiti e composti oltre che dalla stessa Zimmer Bradley
anche da Kristoph Klover e Margaret Davis.
Un giorno in sala di incisione con Tolkien
In una piccola sala riservata del Merton College, il 22 marzo 1966 John
Ronald Reuel ed Edith Tolkien festeggiarono pubblicamente
la ricorrenza delle loro nozze d’oro assieme a familiari, amici e a
un folto numero di accademici. Durante la festa un giovane compositore di
musicals fece un particolare dono agli sposi: eseguì dal vivo
versioni musicali di alcune delle più celebri canzoni composte da Tolkien
per la sua Terra di Mezzo. Il musicista si chiamava Donald Swann
e accompagnato dal tenore Michael Flanders lasciò
letteralmente a bocca aperta i partecipanti alle celebrazioni. I brani erano
stati composti originariamente con l’accompagnamento di un gigantesco
piano Steinway a coda ed erano state arrangiate “in uno stile che è
un misto fra la musica colta, la ballate e il folk – come confessò
più tardi lo stesso Swann - I poemi di Tolkien sono molto affascinanti
e carichi di emozioni che riescono a tenere benissimo il ritmo anche al di
fuori dei libri. Buone poesie di epoca georgiana che sembravano solo aspettare
una musica che le colori”. “Le parole non sono all’altezza
della musica” confessò timidamente Tolkien al musicista, vivamente
commosso dall’esecuzione alla quale aveva assistito. I due iniziarono
a frequentarsi, Tolkien cercava di spiegare a Swann la pronuncia elfica, mentre
il compositore continuava a fargli ascoltare le nuove melodie da lui composte
e cercava di aggiustarle seguendo i consigli del professore inglese. Ben presto
nacque l’idea di produrre un disco e un libro insieme: nacque così
il volume di canzoni The Road Goes Ever On: A Song Cicle
che uscì nel 1967 edito da Allen & Unwin e assieme
alla Houghton Mifflin, mentre la Caedman editò nel 1968 l’album
The Road Goes On al quale partecipò lo stesso Tolkien
nelle vesti di lettore.
Guardiani Ciechi e Vergini di Ferro
Torniamo ora al nostro assunto, ovvero i rapporti fra l’heavy metal
e J.R.R. Tolkien.
Tracce evidenti dell’opera del grande bardo si trovano in tre album
della band di black metal norvegese Burzum, che
portano i titoli rispettivamente Burzum,
Det Som Engang Var e Filosofem (incisi fra
il 1992 e il 1996) ma anche nei non meno caotici e cupi Abigor
e più precisamente in Ash Nazg..., Verwüstung/Invoke The
Dark Age e Orkblut - The Retaliation e persino in
The Burning dei Crown Of Thorns. Passando
quindi al metal più classico potremmo citare i nomi di Running
Wild, Virgin Steele,
Tino Tolkki degli Stratovarius, Morgana
Lefay, Helloween,
Labyrinth, Fates Warning, Cirith
Ungol, Bob Catley dei Magnum (autore,
tra l’altro, nel 2001 dei monografici ed epici Two Towers e
Middle Earth) che con stili ed energie fra
di loro diversissime hanno dedicato varie composizioni all’universo
tolkieniano.
Per quanto riguarda la new age vale invece la pena di sottolineare
l’esistenza di un progetto austriaco Gandalf che si
dedica alla trascrizione in atmosfere rilassate e morbide degli universi de
Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e Il Cacciatore di Draghi, mentre fra i
jazzisti non sono trascurabili Don Cherry, John Sangster
e gli Spyrogira così come fra gli hip hoppers
spiccano gli House of Pain. Ci sono persino contributi
space cosmic rock degli Hawkwind, new
dark olandesi da parte dei Gathering, pomp rock-rock
dei canadesi Rush (da recuperare assolutamente quelli inseriti
in Fly by Night e Caress of Steele) e degli
americani Styx (che scrissero una Lord of the Ring
per il loro Piece of Eight del 1978). E nel lungo elenco
di omaggi troviamo anche i Canned Heat, i Grateful
Dead, Scott Fitzgerald, Maurice Gibb (che
tutti ricorderanno nei Bee Gees).
Un posto di riguardo meritano, infine, per la loro inossidabile fedeltà
al Signore degli Anelli, i tedeschi Blind Guardian, i più celebrati
interpreti del nuovo metal teutonico contemporaneo: scorrendo la loro discografia
troviamo ben 5 album tolkieniani (Tales From the Twilight World,
Battalions of Fear, Somewhere Far Beyond,
Imaginations from the Other Side, Nightfall in Middle-Earth),
usciti fra il 1991 e il 2000 per l’etichetta Virgin arrivano a totalizzare
circa una trentina di canzoni specifiche sull’argomento: in particolare
Nightfall in Middle-Earth è un intero concept
dedicato alla Terra di Mezzo che ha stupefatto fan e critica per il perfetto
innesto fra testi narrativi, suoni metal e arrangiamenti sinfonici; una vera
e propria “opera heavy” che avrebbe potuto benissimo fare da colonna
sonora a uno degli episodi della saga cinematografica firmata da Peter Jackson.
La nostra lista come avrete ben compreso potrebbe continuare per decine e
decine di pagine: se voleste per conto vostro esplorare l’immenso catalogo
di queste produzioni vi consigliamo di contattare lo splendido sito Internet
The
Tolkien Music List coordinato dall’esperto ed appassionato
Chris Seeman nel quale sono analizzati e citati ben 607 artisti che
si sono occupati dell’opera tolkieniana e più di 850 dischi ad
essa dedicati. Nel caso voleste visitare questo “mare magnum”,
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